Il Salento, la storia millenaria della terra tra i due mari

Paesaggio del Parco Costa Otranto Santa Maria di Leuca Bosco di Tricase
Paesaggio del Parco Costa Otranto Santa Maria di Leuca Bosco di Tricase

Crocevia di Popoli, le tappe della storia millenaria del Salento

  • La Preistoria nel Capo di Leuca
  • VIII-III a.C. : messapi
  • VIII a.C. coloni greci
  • 326 a.C.- 476 d.C. : dominazione Romana
  • 553 d.C.: dominio Bizantino
  • 1071-1194 : dominio Normanno
  • 1194-1266: dominio svevo
  • 1266: dominazione francese (Angioini)
  • 1442: dominazione aragonese
  • 1800: seconda dominazione Spagnola
    Tutti questi popoli e queste culture, seppur nati e sviluppatisi milioni di anni fa, hanno lasciato un segno incancellabile, contribuendo a creare quello che è oggi il Salento: una terra ricca di storia, monumenti, tradizioni e leggende.
Resti dell'antica torre Marchello a Santa Maria di Leuca
Resti dell’antica torre Marchello a Santa Maria di Leuca

La preistoria nelle grotte del Salento

A causa della sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, fin dai tempi antichi, il Salento è stato un ponte tra Oriente ed occidente. Punto di transito e di scambi tra popoli e civiltà diverse, ciascuna delle quali ha lasciato i propri segni ancor oggi visibili e distinguibili sull’intero territorio.

Il rinvenimento di reperti archeologici nel territorio ci confermerebbe la frequentazione umana già dalla preistoria (80.000 anni fa). Le grotte naturali del capo di Leuca hanno infatti restituito strumenti in silice, ossa umane e di mammiferi oggi estinti.
Ne sono un esempio le statuine in osso della grotta di Parabita (Veneri 15.000 anni fa), le incisioni nella Grotta Romanelli, i reperti neolitici e paleolitici della Grotta Zinzulusa a Castro, le pitture neolitiche della Grotta dei Cervi di Porto Badisco. Anche nelle grotte nel Capo di Leuca, grotta del Diavolo, sono stati trovati resti neolitici e dell’età del Bronzo e sul promontorio di Punta Meliso nei pressi del Santuario di Leuca ci sono i resti di un antico villaggio.

La presenza, inoltre, di numerosi dolmen e menhir nel Salento testimonierebbe anche un’attiva frequentazione dell’uomo da parte di popolazioni indoeuropee già a partire dall’età del Bronzo. A differenza Infatti di quelli europei i dolmen e menir salentini risalirebbero al III o II millennio A.C. .

Intorno al IX sec. a. C. i Messapi si stanziarono in questa regione dedicandosi all’agricoltura e all’allevamento ma anche alla costruzione dei primi caratteristici muretti a secco. Tuttavia, già nell’VIII sec. a. C., i greci si erano stanziati sulle coste salentine creando le prime cittadine della Magna Grecia.

Le pietre del Salento, Dolmen, Menhir e Specchie

Dolmen, Menir e specchie rappresentano tre tipi di monumenti salentini che possono essere oggetto di particolari percorsi di trekking e quindi sicuramente posti da visitare. Si tratta infatti di singolari ed antichi testimoni di un passato molto remoto, testimoni degli albori dell’antichissima civiltà nel Mediterraneo.

Ancora oggi, nonostante studi e ricerche, la funzione e la datazione esatta di questi misteriosi monumenti non è conosciuta. Sia i dolmen che i Menir avrebbero avuto una funzione religiosa. Per i dolmen sicuramente delle tombe preistoriche ed i menir strumenti per ingraziarsi le divinità. In tutta Puglia oggi si contano circa 80 menir e più di 20 dolmen la maggior parte dei quali ubicati in Salento. A Martano si trova il menir più alto (5 metri circa) a Giurdignano invece la concentrazione più ampia di dolmen e menir.

Le specchie del Salento

Si tratta di grandi cumuli di pietre larghi 10-15 mt e alti fino a 10 metri che in genere hanno uno sviluppo conico a base circolare. Risalirebbero probabilmente al periodo Neolitico e, secondo alcuni paletnologi erano realizzate a scopo abitativo, pietra su pietra a secco come i trulli ed i muretti a secco salentini. Per altri invece rappresentano costruzioni a scopo difensivo.

  • La Specchia di Castelluzzo, situata nella campagna di Francavilla Fontana secondo Teofilato sarebbe un sepolcro di orifine messapica.
  • le Grandi Specchie presenti solo nel Salento e finalizzate a scopo difensivo e di controllo in quanto costruite prevalentemente sulle coste e su zone sopraelevate.
  • le Piccole Specchie, invece presenti in tutta la Japigia e risalirebbero all’età del ferro. Un esempio nei pressi di Martano è la Specchia dei Mori.

Delle quasi 300 specchie censite dal De Giorgi a cavallo del 1900 ne sopravvivono purtroppo solo alcune.

I Dolmen

I Dolmen sono piccole camere rettangolari formate da otto o più pilastri monolitici che poggiano sulla roccia quasi affiorante e sorreggono un lastrone di copertura. Si presentano grezzi, senza incisioni e possono raggiungere un’altezza massima di un metro e mezzo dal suolo.

Le pietre che permettono di creare le pareti laterali del dolmen ed il lastrone superiore sono simili a quella sulla quale essi sorgono. Probabilmente, il materiale utilizzato per la costruzione fu preso nelle immediate vicinanze. Sembrerebbe che i dolmen attuali, un tempo fossero preceduti da una doppia fila di lastre sempre ellittiche, piantate di taglio e disposte a corridoio (dromos).

Altri autori ritengono che fossero ricoperti dalla terra col tempo portata via dalla pioggia lasciando a nudo la sola cella funeraria. I dolmen salentini più interessanti si trovano oggi nelle campagne di Giurdignano vicino Otranto, di Minervino, Castro, Melendugno e Taranto.

I menhir

I Menhir invece sono costituiti da una sola pietra a forma di parallelepipedo a base rettangolare, abbastanza squadrata ed incastrata nel suolo o quasi sempre nella roccia. I menhir salentini, la cui caratteristica principale è data dal fatto che le loro facce più larghe sono orientate da nord a sud, in genere hanno un’altezza di 4 metri e sono molto simili a quelli presenti in altre parti del mondo.

Avrebbero avuto un significato propiziatorio e religioso, molto sentito dalle comunità da essere adottato anche dai cristiani. Molti dei menir infatti sarebbero stati cristianizzati anche con l’incisione di una croce. I menir divennero gli Osanna ai piedi dei quali si tenevano processioni cristiane. Alcuni menir del Capo di Leuca si trovano ad Arigliano nel comune di Gagliano del Capo, a Giuliano di Castrignano del Capo, a Morciano di Leuca.

I Messapi, il popolo tra i due mari del Salento

I Messapi erano l’antico popolo che abitava il Salento quando i Peuceti e Dauni, si insediavano rispettivamente nella terra di Bari e di Foggia.

Secondo Erodoto i Messapi avrebbero avuto un’ origine cretese-micenea mentre secondo altri storici nascerebbero dalla mescolanza di cretesi e illiri. Infatti, erano molto frequenti i rapporti commerciali e migratori tra le due sponde dell’Adriatico, per cui si può supporre che l’origine dei messapi si possa inserire nella famiglia dei iapigi pugliesi di provenienza illirica, cioè da una regione situata a nord dell’attuale Albania.

Per gli storici, infatti, essi, dall’Albania sarebbero arrivati ad Otranto attorno all’anno 1000 a.C . per poi scendere fino a S. Maria di Leuca e risalire fino a Taranto. Altre fonti ( letterarie) attribuiscono ai Messapi l’appellativo anche di Pelasgi, e dividono la Messapia in due popoli distinti: i Calabri ed i Salentini.

I primi che occupavano la zona centro-orientale adriatica e i Salentini che invece si erano stanziati nella fascia ionica. Da qui deriva la denominazione di Sallentia data alla penisola da Strabone e da Plinio il Vecchio.

Le maggiori ondate migratorie provenienti dai Balcani, si ebbero attorno all’VIII sec. a.C. quando i rapporti con i Micenei si allentarono. Quindi, unitamente ad irruzioni di popolazioni sub-appenniniche, portò una parte degli iapigi a spostarsi nella penisola salentina e ad assumere il nome di Messapi, cioè popolo fra i due mari.
Essi occuparono tutta la triangolare penisola salentina che aveva come vertici Brindisi e Taranto ad est e ovest e S. Maria di Leuca a sud. ED infatti, all’estremità del promontorio salentino, a Santa Maria di Leuca presso Punta Ristola, si trova Grotta Porcinara, il santuario messapico-greco punto di riferimento per i naviganti in transito sulle acque del Mediterraneo.

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Le città messapiche

Paesaggio costiero tipico del territorio di Leuca
Paesaggio costiero tipico del territorio di Leuca

Fin dagli inizi, la penisola si adornò di tante piccole città che raggiunsero il periodo di massimo splendore nel VI-V sec a. C., quando si ebbe l’introduzione della scrittura e l’adozione dell’alfabeto greco. Sempre in questo periodo si sviluppò l’uso di pratiche religiose molto simili a quelle ellenistiche, la trasformazione delle capanne in abitazioni con più vani, con cortile, muri in pietra e copertura in tegole.
In questa civiltà ogni gruppo di insediamenti vicini non necessariamente costituiva una città ma, molto probabilmente, un organismo forse autonomo delimitato da imponenti mura. Ciò che legava in modo ideale i gruppi di insediamenti era il culto delle comuni divinità che rappresentavano il “fuoco sacro pubblico”, al pari del fuoco domestico acceso come simbolo di unità famigliare.
Nei pressi di Santa Maria di Leuca quindi oltre agli approdi di Punta Ristola, si trovano alcuni resti dell’antica città messapica di Veretum il cui porto era l’approdo di San Gregorio. Ancora oggi infatti, sono visibili i segni dell’antico molo in parte sommerso dalle acque nella graziosa baia di San Gregorio.

Le città messapiche salentine

  • Alezio
  • Ugento a pochi chilometri da Leuca
  • Mesagne vicino Brindisi
  • Soleto
  • Otranto sull’Adriatico
  • Cavallino vicino Lecce
  • Rudiae Lupiae Lecce
  • Oria vicino Brindisi
  • Ceglie Messapica nei pressi di Brindisi
  • Egnazia vicino Fasano
  • Manduria Ta
  • Muro Leccese
  • Roca Vecchia
  • Vereto nei pressi di Santa Maria di Leuca
  • Vaste – Poggiardo
  • Ostuni
  • Egnazia

La Città di Vereto

Vereto è stata un’importante città messapica. Si trova nei pressi di Patù e poco distante da Santa Maria di Leuca. Nel V sec. a. C. Erodoto affermava che un gruppo di Cretesi dalla Grecia diretti in in Sicilia, sorpresi da una tempesta approdarono sulle coste di Leuca. Qui fondarono delle città fra cui Iria che per molti studiosi sarebbe Vereto.

Quindi l’arrivo dei Romani che fecero della città un municipio e la collegarono al resto dell’Impero dalla via Traiana fatta costruire dall’imperatore Traiano attorno al 106 d.C. come prolungamento della via Appia.

Quel che oggi resta di questa città, oltre alle leggende, sono reperti archeologici ed epigrafici, i resti delle mura, di lastricato, enormi blocchi spesso riutilizzati nel tempo per altri edifici o recinzioni. Il monumento delle Centopietre ai piedi della collina di Vereto, fu realizzato appunto con 100 blocchi di pietra provenienti dalle rovine dell’antica città di Vereto.

La città di Vaste, Poggiardo

Vaste, di Poggiardo, è il sito più ricco di reperti. In esso sono stati ritrovati depositi funerari, oggetti in argento e resti di estese mura riconducibili all’epoca messapica. Nella parte centrale e più alta dell’abitato nei pressi dell’attuale piazza Dante sono state ritrovate tracce consistenti dell’abitato messapico risalenti all’VIII-VII sec. a.C. Da queste è stato possibile riconoscere la presenza di capanne a forma ovale con muretto perimetrale di pietre a secco, scarichi di ceramica iapigia e materiale greco d’importazione.

Attorno al IV-III sec.a.C. le abitazioni sono caratterizzate da fondazioni a pianta rettangolare costituite da più ambienti disposti attorno ad un cortile. Gli ambienti probabilmente avevano pavimenti in tufina pressata e copertura in tegole. All’interno dell’antico abitato era situato l’apogeo delle Cariatidi in pietra leccese risalente al IV sec a.C. mentre in periferia si sviluppava la necropoli.

Vitigliano

A Vitigliano, un altro centro messapico, si trova un monumento che ha molto in comune con le Centopietre di Patù, il Cisternale. Le due strutture hanno in comune la forma, l’orientazione e il sistema costruttivo della copertura ad enormi lastre di sabbione a doppio spiovente. L’unica differenza è data dal fatto che la Centopietre si sviluppa sul piano a grandi blocchi parallelepipedi senza malta mentre la Cisternale è scavata nella roccia con sovrapposizione artificiale della copertura.

Ceglie Messapica

Ceglie messapica porta nel suo stesso nome la ragione delle sue origini.
Attorno all’antico abitato erano presenti tre cinte murarie tutt’ora visibili. La prima è la più stretta e antica ed è formata da blocchi megalitici a secco. Le altre due, situate a brevissima distanza l’una dall’altra, sono collegate tra loro da muri a secco e camminamenti e comprendono un territorio molto più vasto di quello originario.

Sono state individuate anche una porta con camminamento esterno alto 4 mt, una torre, una quarta cinta muraria con Specchie aventi funzioni difensive. La presenza di un complesso sistema difensivo si spiega col fatto che Ceglie, Oria, Manduria e Carovigno, costituivano i primi centri messapici atti ad ostacolare l’espansione nell’entroterra dei tarantini.

Cavallino

Cavallino, è un centro messapico che ha conservato integralmente la sua omogeneità sociale e culturale. Per difendersi dai Tarantini, alla fine del VI sec. a.C., gli abitanti innalzano una solida cinta muraria intorno alla città e scavano un fossato intorno a tutto il suo perimetro.

Gli scavi effettuati in zona hanno permesso il ritrovamento di molti oggetti: chiodi, aghi, palline e rondelle di terracotta che venivano usate per far giocare i bambini e una piramide con dedica alla divinità femminile Arzeria. Le tombe per adulti uniformi nelle dimensioni e poco profonde avevano una forma rettangolare, scavate nella roccia e ricoperte da lastre in pietra leccese. In esse sono stati ritrovati vasi, armi in selce, figure e collane in bronzo, molte monete e borchie.

Manduria

Manduria, è l’antica capitale messapica che deve la sua celebrità alla storica resistenza che i Messapi opposero ai Tarantini che volevano espandere i propri possedimenti. Uno dei primi nuclei della cittadina era sicuramente ubicato nei pressi del cavalcavia per Lecce dove recentemente è stata scoperta una necropoli risalente al VII sec. a.C., priva di fortificazioni.

La Manduria Messapica, aveva una triplice cerchia di mura di cui solo una parte è rimasta inalterata fino ai nostri giorni.
Un cerchia interna, il cui diametro è di circa 842 mt ed il perimetro di 2187mt, ha la forma di un pentagono irregolare, molto alta e formata da blocchi irregolari sovrapposti gli uni agli altri senza l’uso di malta, V sec. a.C.

Una seconda cinta costruita come rinforzo della prima, risale al IV sec. a.C., quando presero piede le mire espansionistiche dell’ellenica Taranto nei confronti dei Messapi.

La terza sarebbe quella più esterna e più imponente. Ha un perimetro di circa 5500 mt , è larga fra i 5 ei 6 mt, corre parallelamente alla prima e alla seconda cerchia su tutti i lati tranne che su quello meridionale dove assume una forma irregolare e che probabilmente era il lato meno pericoloso.

La parte settentrionale dell’ultima cerchia di mura presenta numerosi passaggi sotterranei che collegavano la città con l’esterno. Tutto ciò fa pensare che il lato più pericoloso esposto all’attacco nemico era questo rivolto verso Oria e la costa adriatica.

Quest’ultima cerchia è dotata anche di un fossato largo 6,5 mt e profondo 5 mt. Sulle mura, servite da strade di arroccamento erano presenti delle porte per l’accesso alla città con relativo ponte sul fossato. Ancor oggi si notano i fori dei cardini che reggevano una porta da una torre di cui resta solo il basamento roccioso circolare.

I Greci nel Salento

I continui rapporti commerciali tra le due sponde dell’Adriatico servirono senza dubbio a garantire alle città messapiche una crescita non solo commerciale ed economica ma anche culturale. In particolare la vicinanza con la città greca di Taras e con le comunità greche di Gallipoli, diventarono per i Messapi un modello a cui ispirarsi.

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Infatti se nei secoli compresi tra l’età micenea e il VII sec. a.C. il vasellame prodotto riprendeva le decorazioni geometrico-iapigie, le produzioni messapico-greche successive presentano un disegno più evoluto e raffinato. L’arrivo degli antichi greci nell’Italia meridionale ( Puglia, Campania, Calabria e Sicilia),ossia Magna Grecia, risale all’VIII sec. a.C. Per quanto riguarda il territorio pugliese la maggiore città ellenica fu Taranto che fu fondata dagli Spartani nel 706 a.C. sui resti della Iapigia Taras.

Gli altri centri furono Callipolis (Gallipoli), Hdyrusa (Otranto), Rudiade e Oria. Tuttavia, i rapporti tra i Messapi e la città di Taranto, furono spesso segnati da continui scontri: il popolo tra i due mari (Messapi) infatti, era sempre pronto a difendere la propria autonomia nei confronti delle mire espansionistiche di Taras e della greca Gallipoli. Dopo una serie di conflitti la Magna Grecia divenne definitivamente romana nel 272 a.C. con la presa di Taranto.

Se, i naviganti greci che approdavano sulle bianche scogliere del promontorio japigio chiamavano Leukos questa terra, per i Romani invece il territorio di Leuca era de Finibus Terrae, la terra di confine che stabiliva il termine delle regioni abitate dai romani, cives, oltre i quali iniziavano i provincialis.

I Romani nel Salento

Se con la conquista romana del territorio messapico-salentino del III sec. a. C. ebbe inizio la decadenza dell’ellenica Taranto, crebbe invece l’importanza di alcuni centri costieri del basso Adriatico. Infatti, la città di Brindisi, rappresentava un’ottima base di partenza per la conquista dell’Oriente dato che si trovavano sul confine che lo divideva con l’Occidente.

L’arrivo dei Romani, e fino alla loro decadenza nel V Secolo d.C., rappresentò per le popolazioni salentine un periodo di miseria e sofferenze. Con l’affermazione del latino il messapico ed il greco scomparvero quasi del tutto. Tuttavia, durante il periodo romano vennero realizzate importanti opere pubbliche come le strade di collegamento dell’Appia e la Traiana Salentina.

E’ in questo periodo che Rudiade, cede il passo alla vicina Lupiae (Lecce) che diventa il centro più importante del Basso Salento collegata direttamente a Brindisi e dotata statuto municipale. Ancora oggi possiamo ammirare una Lecce romana molto suggestiva: l’anfiteatro di Piazza S. Oronzo, venuto alla luce solo nel 1929, fu probabilmente innalzato attorno al II sec. d.C e poteva contenere fino a 20000 spettatori. Il teatro romano e la colonna marmorea sulla cui sommità si erge il protettore, è una delle due colonne terminali della Via appia che i brindisini cedettero a Lecce 1656.

Il Salento ed i Bizantini

Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476 d.C., l’intera penisola Italica divenne oggetto di saccheggi e distruzioni da parte dei Barbari.

Le successive guerre greco-gotiche (535-553) portarono una nuova cultura e nuove tradizioni in terra salentina. Nel 540 i Bizantini ebbero la meglio sui Goti soprattutto grazie ad un esercito ben organizzato, all’appoggio dell’aristocrazia romana e quello della chiesa.

L’Imperatore Bizantino Giustignano riuscì a vincere contro il re ostrogoto Teia e, nel 554 con la Pragmatica sanctio pro petitione Vigilii, emanò nuove disposizioni per riorganizzare i territori bizantini in Italia.

Nel 554 la nuova guerra Greco Gotica, vide il coinvolgimento delle città portuali salentine di Taranto, Brindisi e Otranto, sede degli importanti collegamenti con l’Oriente. Durante la dominazione bizantina, le condizioni dei salentini non migliorarono, anche perché i nuovi dominatori non riuscirono a difendere il Salento dalle mire dei longobardi e dei saraceni.

Brindisi fu privata delle sue mura e i suoi abitanti furono deportati; Lecce fu gradualmente abbandonata e riemerse come città solo nell’XI sec.. La sorte migliore la ebbe la città di Otranto che mantenne l’importanza strategica a causa della propria posizione geografica.

I monaci Basiliani nel Salento

Il decadere delle funzioni protettive delle città, la debolezza del potere militare bizantino, la precarietà del vivere fra invasioni e devastazioni, furono fattori principali che contribuirono allo spopolamento delle città.

Per questo motivo la campagna rappresentò l’unica via di salvezza. Si formarono nuovi centri di aggregazione sociale nelle campagne e nelle grotte rupestri, piccole comunità che producevano l’occorrente per il sostentamento della famiglia.

La parte eccedente veniva conservata in depositi (vino, olio e grano) situati nei pressi delle case e dentro grandi cisterne scavate nella roccia.

Gli insediamenti rupestri, che nacquero in questo periodo, si svilupparono spesso nei pressi di siti abitati da monaci basiliani così chiamati dal grande vescovo di Cappadocia S. Basilio.

I monaci basiliani si stabilirono nel Salento in tre ondate migratorie:

  • nel VII sec. a causa dell’espansione mussulmana che provocò la loro fuga dall’Africa e dalla Siria;
  • nel VIII sec, precisamente nel 725  l’imperatore Leone III emanò un editto con il quale ordinava la distruzione di tutte le immagini sacre dai luoghi pubblici. Ciò portò alla distruzione di molte reliquie, statue e affreschi e alla conseguente fuga dei monaci, custodi di molte icone, nel Salento.
  • nel IX-X sec. i monaci scacciati dai musulmani arrivano in Sicilia .

Con la venuta dei basiliani, le grotte si trasformarono in cripte ricche di affreschi raffiguranti immagini di santi orientali.

Nelle grotte continuarono a praticare i loro riti e le loro preghiere ma influenzarono i costumi sociali ed i rapporti umani dei villaggi rupestri che li accoglievano.

Qui condussero una vita arcaica, come quella della gente, in perfetta simbiosi con essa. Il fenomeno rupestre può essere suddiviso in due gruppi:

  • le chiese-cripte cioè luoghi di culto delle popolazioni rurali all’origine quasi tutte di rito greco
  • villaggi rupestri veri e propri a destinazione civile.

I villaggi rupestri bizantini nel Salento

In genere i villaggi rupestri erano formati da più grotte collegate tra loro da sentieri o scalinate scavate nella roccia o nel tufo, munite di cisterna, trappeti e zone tombali. Alcuni resti di villaggio rupestre bizantino sono stati identificati a  Montesardo (in località Macurano) a pochi chilometri da Leuca, Carpignano, Castro, Nardò, Roca, Ugento e Uggiano.

Dalla dislocazione dei vari paesi sul territorio, sembrerebbe che il versante ionico sia stato quello maggiormente interessato da questo tipo di insediamento.  

Le chiese-cripte bizantine nel Salento

Le chiese-cripte hanno una planimetria varia: le più antiche hanno una sola navata spesso absidata come quella di S. Antonio Abate a Nardò o della Favana a Veglie. Altre cripte sono formate da una doppia navata con l’iconostasi, altre ancora più complesse e che si presentano con tre navate absidale in base ad un impianto che imita le chiese a pianta centrale.

La costante in tutte le cripte è la presenza su tutta la superficie dell’invaso di affreschi che rappresentano santi rappresentati ieraticamente simili per secoli. Gli affreschi sono spesso accompagnati da iscrizioni in lingua greca che permettono di conoscere il soggetto, il donante, la data e a volte l’autore.

Dove si trovano le cripte bizantine del Salento?

  • Andrano cripta anonima nei pressi della cappella dell’Attarico.
  • Borgagne, cripta del tappeto vecchio o di S. Nicola, sulla strada per Martano
  • Carpignano Salentino, cripta di SS. Marina e Cristina. La cripta è dotata di due ingressi e di molte decorazioni di cui la più antica è del pittore Teofilato del 959
  • Casarano, cripta del Crocefisso o di S. Costantina
  • Castrignano dei Greci, cripta di S. Onofrio sulla via per Melpignano
  • Galatina, cripta di S. Maria della grotta e cripta di S. Anna
  • Giurdignano, è uno dei territori dove il fenomeno rupestre è molto diffuso. Cripta S. Salvatore con tre navate absidale, è suddivisa in nove campate sorrette da pilastri e archi e ha l’iconostasi
  • Melendugno, cripta di S. Cristoforo
  • Miggiano, cripta di S.Marina lungo la strada per Taurisano
  • Nardò, cripta di S. Antonio Abate nei pressi della masseria Castelli-Arene,
  • Ortelle, cripte della Madonna della Grotta e di S. Vito
  • Otranto, qui gli insediamenti rupestri si trovano tutti al di fuori dell’abitato nella Valle delle Memorie, dell’Idro e in località S.Giovanni sulla strada per i laghi Limini
  • Parabita, cripta di S.Marine e cipta di Cirlicì
  • Poggiardo, cripta di S.Maria
  • Presicce cripta di S:Mauro sulla serra Pozzomauro
  • Ruffano, cripta sotto la chiesa del Carmine
  • Sanarica,ha una cripta anonima sotto la chiesa dell’Assunta
  • S.Cassiano, cripta della Madonna della Consolazione
  • San Dana, cripta di S’Apollonia
  • Sant’Eufemia, cripta della Madonna del Gonfalone
  • Sternatia, cripta di S. Pietro e cripta di S.Sebastiano
  • Supersano, cripta della Coelimanna
  • Surano, cripta di S.Rocco
  • Ugento, cripta del Crocefisso, in campagna in direzione Casarano-Melissano
  • Uggiano la Chiesa cripta si S.Solomo o S. Elena
  • Vaste,cripta di SS. Stefani
  • Veglie, cripta della Favana
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I Normanni e gli Svevi nel Salento

Nel sec. XI, i possedimenti bizantini nell’Italia meridionale, costituirono il tallone d’Achille dell’Impero che sempre più impegnato in Oriente contro i mussulmani era incapace di difendere questi suoi possedimenti da nuovi e antichi nemici, cioè Longobardi e Normanni e Saraceni. La più grave minaccia fu quella dei Saraceni che già dal 914 al 944 saccheggiarono Lecce e nel 924 effettuarono razzie a Nardò, Oria e Taranto. Ma i primi a porre fine alla dominazione bizantina furono Normanni i quali nel 1071 conquistarono tutto il Mezzogiorno.

Ciò però non servì a porre fine alla civiltà bizantina che continuò a produrre i suoi effetti ancore per oltre mezzo millennio. La conquista normanna coincise con la diffusione della cultura romanica che quindi risultò arricchita dalle componenti preesenti. Il monachesimo benedettino contribuì notevolmente alla latinizzazione dei territori che subivano l’influenza del patriarcato di Costantinopoli. I nuovi dominatori contribuirono alla nascita di nuove abbazie, basiliche e conventi e seppero amalgamarsi alle genti locali lasciandovi un’impronta in campo sociale e culturale. Bisogna ricordare che risale a questo periodo la costruzione della Cattedrale di Otranto, una delle più belle della Puglia.

Il Salento, inoltre, visse in prima persona questo periodo di rinascita dato che, Tancredi, conte di Lecce, era nipote di Ruggero II e quindi resse gli ultimi anni della dinastia normanna come re delle Due Sicilie. Fu lui a volere la chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo che insieme alla cattedrale di Otranto e alla chiesa delle Cerrate testimoniano la ripresa delle arti dopo decenni di lotte. E’ proprio nella chiesa delle Cerrate che è maggiormente visibile la mistura tra l’arte orientale e quella occidentale: l’impianto appartiene alla cultura benedettina ma gli affreschi sono di chiaro stampo bizantino.

Dai Normanni agli Svevi

Dopo la dominazione normanna, l’Italia meridionale fu conquistata dal 1194 fino al 1266 dagli Svevi. La Puglia, in questo periodo risentì notevolmente ed in senso positivo di questi nuovi dominatori. In effetti anche se il cuore politico e militare dell’Impero era situato a Palermo, a Castel del Monte risiedeva Federico II. Gli Svevi amarono il nostro territorio, tanto che la loro non fu una conquista ma una civiltà. Essi realizzarono molte riforme giuridico-istituzionali e realizzazioni artistiche.

Angioini ed Aragonesi nel Salento

Dopo l’anno 1000, il Salento, nonostante la mutata politica riuscì a fare dei passi avanti, cercando anche di sfruttare la propria posizione geografica privilegiata quale ponte fra Oriente ed Occidente.

Quando nel 1266 Carlo I D’Angiò conquistò il regno do Napoli, non apportò modifiche sostanziali di natura amministrativa e istituzionale allo Stato se non il passaggio della capitale dalla Sicilia a Napoli.

Carlo I però trasferì in Italia anche la mentalità di un feudalesimo antico, tipico della Provenza, sua terra d’origine, fondato sulle responsabilità personali e non su leggi. Egli sostituì i vecchi funzionari ghibellini con i militi francesi in segno di riconoscenza in quanto, loro lo avevano aiutato a vincere contro gli Svevi. Inoltre cercò di accontentare anche i nobili italiani di parte guelfa.

In seguito a questi provvedimenti molti francesi si stanziarono nel Salento unitamente alle loro famiglie. Uno tra tanti esempi è il caso Gerardo De Yvort a cui toccò il feudo di Alessano, di Giovanni Du Til a cui toccò il feudo di Matino e Tuglie o del nobile Ugo Di Brienne a cui toccò Lecce.

Si svilupparono inoltre alcune delle famiglie di nuova istituzione nobiliare, a cui la monarchia accordava terre e privilegi appartenenti agli avversari politici: erano i Gentile, Ripalta, i Scorrano, Da Matino, solo per citarne alcune. Nonostante ciò il regno di Carlo D’Angiò e di suo figlio Carlo II, non godette di larghi consensi. Anche nel Salento non mancarono le ribellioni della popolazione: Brindisi, Lecce, Oria, Monopoli, Otranto e infine Gallipoli che divenne la roccaforte della maggiore resistenza sveva e cedette solo dopo due anni di assedio posto dalla terra e dal mare nel maggio del 1269.

Gli Aragonesi

Il passaggio della penisola salentina, dalla corte angioina a quella aragonese, nel 1442, fu possibile in seguito ad una serie di intrighi dinastici e soprattutto grazie all’aiuto militare del principe di Taranto, Giovanni Antonio Del Balzo Orsini. Il Salento, in questo periodo fu oggetto di una lunga serie di saccheggi e distruzioni provenienti soprattutto dal mare. Le cronache del tempo testimoniano il terrore suscitato dai Saraceni su tutto il territorio, raccolti distrutti, giovani catturati e venduti come schiavi, saccheggi e rapine per terra e per mare. Nel 1453 con la caduta di Costantinopoli alle azioni di pirateria si aggiungono tentativi di conquista territoriale. In questo contesto, precisamente il 12 luglio 1480, avviene il saccheggio di Otranto e lo sterminio di 800 idruntini, decapitati per essersi rifiutati di abbracciare la fede islamica.

Nel XVI sec., con l’avvento di Carlo V d’Asburgo, si apre un periodo di grande splendore per tutto il Mezzogiorno e quindi anche per il Salento. Per cercare di scoraggiare e combattere le scorrerie di Saraceni, egli avvia la costruzione di un imponente sistema difensivo allo scopo di proteggere la costa dalle scorrerie saracene. Fece costruire sia numerose Torri costiere di avvistamento, ancor oggi sparse sulle coste Salentine, nacquero diverse masserie, sparse nell’entroterra e dotate di torri di avvistamento, castelli e case-torri. Nel corso del 1600, Lecce inizia a popolarsi delle prime opere e ville in stile barocco e inizia ad attrarre nobili e studiosi provenienti da ogni parte d’Italia.

Nel XVIII sec., e fino al 1738, la Puglia, fu temporaneamente occupata dagli austriaci per ritornare in mani Borboniche fino al 1860, anno in cui cessò di esistere il Regno delle Due Sicilie e iniziò il processo di unificazione italiana. Da questo momento in poi la storia del Salento coinciderà con quella del resto d’Italia.

La Grecìa salentina, nel cuore del Salento si parla ancora il griko

C’è un luogo nel Salento dove ancora oggi sopravvive il griko, una lingua parlata e non scritta, tramandata oralmente per secoli, da generazione in generazione.

Per molti studiosi il griko deriverebbe da quello parlato durante la colonizzazione della Magna Grecia. Altri invece lo ritengono il frutto delle migrazioni bizantine medioevali.

Quello che è certo è che si tratta di un patrimonio linguistico che ha molto in comune con la cultura e la lingua greca stessa.

Non c’è una tradizione scritta della lingua grika in quanto si è tramandata oralmente anche attraverso il canto. Nelle feste popolari salentine tra una pizzica e l’altra vengono riproposte sempre le canzoni in griko.

Dove si parla ancora il griko nel Salento?

Oggi il griko è ancora parlato dagli anziani in un’area precisa dell’entroterra salentino, questi centri sono i nove comuni che fanno parte della cosiddetta Grecia Salentina

  • Sternatia
  • Zollino
  • Castrignano dei Greci
  • Calimera
  • Soleto
  • Melpignano
  • Martignano
  • Corigliano d’Otranto
  • Martano

In questi comuni il griko si insegna anche nelle scuole in quanto considerato una minoranza linguistica da tutelare.

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